Marchio Studio65

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Il progetto

La storia

Nel 1965 Franco Audrito, studente di architettura e pittore, fonda lo Studio65 a Torino, raccogliendo intorno a sé un gruppo di pittori come lui e suoi compagni di università, per lo più studenti di architettura: Roberta Garosci, Enzo Bertone, Paolo Morello e Paolo Rondelli. Nel suo studio da pittore, nella mansarda di corso Vittorio Emanuele 84 (interno cortile, terzo piano) in una notte di primavera ne disegna il marchio, che diventa subito il manifesto del gruppo, ironico e dissacrante. Il nome dello Studio65 viene composto ridisegnando le lettere con i caratteri della macchina da scrivere, quelli dei volantini ciclostilati che venivano distribuiti davanti alle fabbriche, in modo sconnesso, scrivendo il numero 65 metà in lettere e metà in numeri – sessanta5 (prima trasgressione) – e andando a capo dopo la doppia s – sess=anta5 (seconda trasgressione).

Il concept

Il marchio è una dichiarazione di guerra alla struttura dei linguaggi consolidati che rappresentano i valori dello status quo, per smascherare i principi ideologici che nascondono, demolirli e proporre la sperimentazione di nuovi linguaggi capaci di esprimere e interpretare l’ansia di rinnovamento che attraversava il mondo giovanile sul finire degli anni ’60 (come maestri, i giovani del gruppo avevano scelto Alberto Asor Rosa, Umberto Eco, Manfredo Tafuri, Robert Venturi e Peter Cook di Archigram).

Correva l’anno di grazia 1965 D.C. (ossia dell’Era Democristiana) quando un gruppo di giovani studenti di architettura che pensavano di voler fare “da grandi” gli architetti, dopo aver conosciuto il mondo dei “grandi” (architetti e non) decisero di fare sì gli architetti, ma di non diventare mai “grandi”; così per realizzare questo sogno, sull’esempio di Peter Pan, si costruirono una loro isola felice e la chiamarono Studio65.
— "Lo Studio65, architettura e design", L’Arca Edizioni, 1995

contenuti

Stampe / Fotografie / Diapositive

Data

1975

tipologia
Il logo di Studio65, graficamente ricorda i ciclostilati che passavano di mano in mano davanti a università e fabbriche, testimonianza dell’intenzione di cambiare il linguaggio per sostituirlo con la visione; sovvertire linee e strutture tendendo all’impossibile; trasformare la vita a misura d’uomo secondo una visione illuminata, giocosa e profondamente radicale.
Patrizia Asproni
Presidente Fondazione Torino Musei
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